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Il requisito, richiesto soltanto ai cittadini extra UE, di essere residenti da almeno cinque anni e di svolgere un’attività lavorativa per accedere agli alloggi di edilizia agevolata e convenzionata, costituisce una discriminazione. Con ordinanza depositata lo scorso 7 marzo 2023, il Tribunale di Torino ha condannato la Regione Piemonte e l’ATC Piemonte Centrale a rimuovere tali requisiti dai bandi per le assegnazioni degli alloggi di edilizia agevolata e convenzionata.

Quanto alla Regione Piemonte, si trattava di un requisito inserito nel "Regolamento per l'esecuzione dei programmi costruttivi di nuove costruzioni e di recupero in regime di edilizia agevolata - convenzionata" (D.P.G.R. 2543/94) che, all’art. 8, comma 1, lettera a), in materia di accesso agli alloggi di edilizia agevolata e convenzionata, prevedeva per i soli cittadini extra UE i requisiti della pregressa residenza quinquennale e della stabile attività lavorativa in Italia.

Quanto al Bando di Concorso per l’assegnazione di alloggi in Castellamonte dell’ATC Piemonte Centrale dell’1.6.2022, l’illegittimità riguardava sempre la richiesta della pregressa residenza quinquennale nella parte in cui richiamava il predetto art. 8 c. 1 lett. a) del DPGR 2543/94 e altresì la parte in cui attribuiva all’essere residente in Castellamonte da almeno dieci anni un punteggio preferenziale altissimo.

ASGI ha convenuto in giudizio entrambe le amministrazioni ritenendo che tali richieste fossero del tutto illegittime e in contrasto con la più recente giurisprudenza costituzionale in materia di accesso agli alloggi. La Corte Costituzionale, con le sentenze n. 166/2018, n. 44/2020 e n. 9/2021 ha espresso un principio chiaro: “i criteri adottati dal legislatore per la selezione dei beneficiari dei servizi sociali devono presentare un collegamento con la funzione del servizio“.

L'avvocatura Regionale, stante la palese contrarietà delle previsioni al dettato costituzionale, nulla ha eccepito sulla natura discriminatoria del Regolamento, rimettendosi anzi alla decisione del Giudice sul punto. Il Tribunale ha altresì censurato il bando ATC per l’assegnazione degli alloggi nel Comune di Castellamonte in quanto anche l’attribuzione all’essere residente in Castellamonte da almeno dieci anni di un punteggio preferenziale pari a 8 punti, tale da superare qualsiasi requisito di bisogno anche congiuntamente considerato (reddito, presenza di figli a carico, disabilità, disagio abitativo), è stata già ritenuta illegittima dalla giurisprudenza costituzionale.

In ottemperanza all'ordinanza del Tribunale di Torino, con determina dirigenziale n.233 del 17/03/2023, ATC ha sospeso i bandi relativi ai Comuni di Torino, Beinasco e Castellamonte.

Per maggiori informazioni si rimanda al sito di ASGI.

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Su ricorso promosso dall’Associazione Luca Coscioni, il Tribunale di Roma, con una ordinanza che non ha precedenti, ha stabilito per la prima volta che la mancata adozione e approvazione del P.E.B.A. da parte delle amministrazioni comunali rappresenta una condotta discriminatoria indiretta attuata in forma collettiva nei confronti delle persone con disabilità. Per il Tribunale, infatti, il Comune di Pomezia ha adottato il P.E.B.A. con notevole ritardo, ossia solo a maggio 2022, il che non gli ha consentito di procedere alla ricognizione delle barriere architettoniche presenti sul suo territorio e alla conseguente programmazione degli interventi volti alla loro rimozione. Tale ritardo – scrive la Giudice – “incide sui diritti dei disabili, con realizzazione di una condotta da parte dell’amministrazione comunale in concreto svantaggiosa e discriminatoria per gli stessi”.

Il Comune di Pomezia è stato dunque condannato a cessare il comportamento discriminatorio mediante la rimozione entro il 30 dicembre 2023 delle barriere architettoniche indicate nel ricorso, previa adozione, entro il 30 giugno 2023, di un piano di rimozione delle stesse da adottare sentita l’Associazione Luca Coscioni. A causa della mancata rimozione delle barriere architettoniche, il Comune di Pomezia è stato inoltre condannato a pubblicare il testo dell’ordinanza di condanna a sue spese sul quotidiano “Il Messaggero”.

Ulteriori informazioni qui 

Aggiornamento al 22/12/2023 qui

 

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È incostituzionale la mancata previsione, per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, dell'esclusione della lista elettorale che non presenti candidati di entrambi i sessi. Lo ha stabilito la sentenza n. 62/2022 della Corte costituzionale precisando che la presenza di candidati di entrambi i sessi nelle liste elettorali comunali costituisce una garanzia minima delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive. L'obbligo vale anche per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, anche che per loro la disciplina sulla presentazione delle liste elettorali non prevede nessuna sanzione nel caso di violazione.

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Lo dice la sentenza della Cassazione: attribuire un punteggio più basso per l'avanzamento di carriera a chi ha un contratto di lavoro part-time diventa una discriminazione di genere, dal momento che sono soprattutto donne ad avere un orario ridotto.

La conclusione è dei giudici della Cassazione, partendo dal ricorso di una dipendente dell'Agenzia delle Entrate del Piemonte che aveva fatto causa davanti al tribunale di Torino dopo essere stata scartata nel bando di concorso a cui aveva partecipato per passare di livello.

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Di fronte alla mancata accessibilità non c’è “insufficienza di fondi” che tenga: lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con una Sentenza che ha posto fine alla lunga vicenda giudiziaria riguardante una donna con disabilità motoria, già Consigliera Comunale a San Paolo di Jesi (Ancona), alla quale le barriere avevano impedito di accedere all’edificio sede del proprio Municipio.

La Suprema Corte, infatti, ha rigettato il ricorso del Comune contro la precedente Sentenza della Corte d’Appello di Ancona, che aveva riconosciuto alla donna un risarcimento danni di 15.000 euro

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Sono state rese note nei giorni scorsi le motivazioni con le quali il Tribunale penale di Trento, con sentenza pronunciata il 15 maggio scorso, ha condannato il consigliere circoscrizionale di Trento, Paolo Serafini, per il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p. aggravato dalle finalità di odio razziale di cui all’art. 3 della legge n. 205 /1993, per avere pubblicato sul proprio profilo Facebook un commento gravemente lesivo della reputazione dell’allora ministra dell’Integrazione Cecile Kyenge, invitandola a tornare “nella giungla dalla quale è uscita”.

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Il Tribunale di Oristano, con sentenza del 6.6.2014 ( est. Carboni), ha ribadito il diritto di accesso ai concorsi pubblici per infermiere per tutti gli stranieri titolari di un permesso per lavoro, anche se non lungosoggiornanti, confermando cosi l’insufficienza della estensione introdotta con la ‘legge europea 2013’, che ha limitato l’accesso al pubblico impiego degli stranieri di Paesi terzi non membri dell’Unione europea ai soli lungosoggiornanti, ai familiari di cittadini UE e ai rifugiati e titolari della protezione sussidiaria. Questo sulla base della previsione normativa contenuta nell’art. 40 c. 21 del d.P.R. n. 394/99, applicativa dell’art. 27 del d.lgs. n. 286/98 (T.U. immigrazione), in base al quale “le strutture sanitarie, sia pubbliche che private, sono legittimate all’assunzione degli infermieri, anche a tempo indeterminato, tramite specifica procedura”.

Fonte: ASGI

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Condanna per l'avvocato Carlo Taormina che, nel corso di una nota trasmissione radiofonica, aveva più volte dichiarato che non avrebbe mai assunto collaboratori omosessuali. Il Tribunale di Bergamo ha riconosciuto il carattere discriminatorio delle sue affermazioni e condannato l’avvocato al pagamento di un risarcimento del danno, pari a € 10.000, a favore di Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford, nonché alla pubblicazione della sentenza sul quotidiano nazionale “Il Corriere della Sera”.

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La vicenda risale a inizio 2012: A.M., cittadino angolano, presenta domanda al Comune di Castellamonte (Torino) per ottenere un assegno destinato a nuclei familiari con almeno tre figli minori. Cinque mesi dopo, però, la domanda viene respinta perché l'uomo, a parere degli uffici comunali, non avrebbe avuto il requisito indispensabile della cittadinanza italiana o comunitaria.

A.M. aveva presentato ricorso davanti al giudice del lavoro del tribunale di Ivrea: essendo titolare dal 2003 di un permesso di soggiorno di lavoro (regolarmente rinnovato), e avendo più volte fatto richiesta di permesso per lungosoggiornanti (permesso negatogli, per via del reddito troppo basso), riteneva di aver diritto a quell'assegno. Con sentenza del 25 luglio scorso, il giudice del lavoro Matteo Buffoni ha dato ragione al cittadino angolano, dichiarando discriminatorio il comportamento del Comune di Castellamonte che aveva negato l'assegno e condannando il Comune stesso a riconoscere l'assegno e l'Inps a erogarlo. L'Inps dovrà quindi corrispondere 1.760 euro per il 2012, oltre agli interessi, mentre a carico del Comune saranno le spese legali di 3.250 euro.

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Niente fughe in avanti. Non basta un “semplice” permesso di soggiorno per accedere ai concorsi pubblici e non è una discriminazione mettere dei limiti all’assunzione di immigrati da parte dello Stato. Con una sentenza depositata ieri, la Cassazione ha respinto il ricorso presentata da una cittadina albanese contro il ministero dell’Economia, che nel 2011 aveva riservato cinque posti ai Monopoli di Stato a cittadini italiani e comunitari. Secondo la donna, che si era già vista respingere il ricorso in primo e secondo grado, quel bando era discriminatorio.

La sua tesi non è stata sposata dai giudici, secondo i quali, è la legge stessa a prevedere quelle limitazioni. La sentenza cita anche la legge europea 2013, quella che ha esteso l’accesso ai posti pubblici ai “cittadini di Paesi Terzi che siano titolari del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo”, la cosiddetta “carta di soggiorno”.

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